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Lei fece voto che in
quello stesso posto lo avrebbe aspettato. Giorno dopo giorno, che
lì avrebbe atteso il suo ritorno.
Col trascorrere del tempo,
ella durante il giorno si confondeva con i raggi del sole, ed i suoi
lunghi capelli biondi ne riflettevano la luce. Mentre nella notte il suo
abito bianco si intonava col chiarore della luna. Il vento giocava tra le
chiome e la sottile brezza del mattino le accarezzava soavemente il volto.
Ed ella lì, sempre in attesa. Fissa, immobile,
sperando nel ritorno dell’amato.
Mentre
respirava, osservava la rossa agonia di ogni tramonto. Lentamente i
suoi piedi cominciarono a porre radici tra le dune.
La sua
fedeltà si trasformò in roccia. Una roccia in più nel mare, più resistente
dei marosi della solitudine che la flagellavano.
Trascorse
così la prima estate, con i richiami dei gabbiani e gli aquiloni sospesi
nel cielo. Come la prima estate passarono pure molti inverni. Inverni di
gelo, sazi di freddo e incertezza, con un cielo gravido di nubi, come
fosse un tetto di ghiaccio.
Il suo
cuore, però, non poteva ingannarsi, ogni battito, ogni movimento,
le assicurava che il suo amato avrebbe fatto ritorno. Il vento le recava i
suoi sospiri, sfiorandole il volto come una carezza, che svaniva, però,
allo scadere d’ogni secondo.
L’attesa,
l’amore, la speranza e la dedizione la rendevano sempre più
determinata, sempre più forte.
In alcuni
momenti, mentre i giorni si spegnevano, uno dopo l’altro, davanti ai
suoi occhi, il tempo stesso sembrava dissolversi. I frangenti apparivano
ancor più possenti, quasi volendo nascondere l’orizzonte del suo amato.
Giornate
buie, minacciose, grigie che come una coperta senza bordi occultavano
la superficie del mare, però il suo amore luminoso resisteva, come il
bagliore d’una candela dentro una bottiglia, protetto dalla malinconia.
Una
primavera. I suoi occhi cominciarono a brillare. Vedendo stagliarsi
sul lungomare una figura che si muoveva al ritmo della risacca, ma che al
tempo stesso sfumava nel vento. Dagli occhi le fluì una lacrima che rimase
come un cristallo sulla guancia.
Ancora
trascorsero giorni di turbamento e giorni di burrasca, ciononostante, lei
non si scosse, come la corteccia di un albero ben temprata, dura,
resistente dal tempo, quasi tenace armatura, e come rami, tesi possenti
sino a raggiungere il cielo.
I secondi,
i minuti, ogni attimo si impressero, si sono marcati sul viso,
segni indelebili di speranza. In esso si potevano leggere il respiro del
mare e i suoi pensieri, mentre i suoi occhi si
confondevano nell'orizzonte azzurro, sempre in
attesa dell’amato.
Le onde
andavano e venivano, portando con sé, rivolte con la sabbia, le
sue inquietudini.
Mentre si
avvicinava un nuovo tramonto, tra il rosso e l’arancione, ed il sole
si accomiatava dal giorno con una luce magica ed un vento armonioso era
imbevuto di musica cristallina, trasparente, Ella vide l’ombra d’un
gabbiano affacciarsi poco a poco ed andarle incontro.
La brezza
cambiò repentinamente di consistenza ed il suo
cuore lo
riconobbe. Percepì la stessa atmosfera di quel giorno, quando le loro
mani si erano inesorabilmente separate. Era lo stesso alito, lo stesso
soffio di quando diede l’addio al suo amato.
Il cuore
cominciò a palpitarle più forte e nelle sue pupille vide il riflesso delle ali
del gabbiano occupare sempre più spazio, nell'atmosfera gialla
di quel cielo d’estate, mentre lui si faceva sempre più vicino.
Su quelle
ali aperte tornava l’amore, tornava la speranza, tornava la voglia di
vivere e di amare. Ella riconosce il suo amore, lo sente nel suo cuore.
In quella spiaggia, è
rimasto quell'albero con le radici ancora più profonde
nella sabbia, più robusto e con tanti rami e foglie, con una goccia
cristallizzata sulla corteccia, sempre alla riva del mare, sempre davanti
alle onde, sempre aspettando il sole di ogni giornata e sempre di notte
sotto la luce della luna.
Le radici, la corteccia, i
rami, che si sono sviluppati, nell'attesa del suo amato
sono oggi il sostegno per tutti i due, per continuare il loro amore, sin
alla fine dei loro
giorni.
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